L’alluvione del tifone Sendong a Dumaguete

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Non sono mai stato prima in una zona colpita da un disastro naturale. Ieri ho preso la bici e sono andato verso le colline a ovest di Dumaguete, una delle zone colpite dalle inondazioni provocate dal tifone Sendong il 17. Dicembre scorso.  Ho messo delle foto in Flickr a questo indirizzo: http://bit.ly/uWQED2.

Parto da casa, quartiere Batayan e prendo Rovira Road. Passo la National Road e proseguo lungo la strada che va verso Valencia. Voglio raggiungere la casa di accoglienza che hanno costruito due amici di una ONG italiana, Batang Calabuang, che è stata danneggiata dalla piena del fiume Ocoy.

Ai lati di Rovira Road vedo mucchi di terra e sassi. Un uomo spinge una cariola. Non ci sono case danneggiate qui, solo detriti che vengono dalla pulizia dei giardini, dai cortili e dalle fognature che sono esplose a causa della pressione dell’acqua. Poco prima di arrivare all’incrocio per il ponte di ferro sul fiume Ocoy, passo un paio di piccoli ponti sospesi su rigagnoli che la maggior parte dell’anno sono asciutti. Lo sono anche adesso anche se il letto del torrente si trova due metri sotto di me.  I cespugli di bambù che qui sono alti fino a cinque o sei metri sono piegati come se fossero ancora in mezzo alla corrente e non abbiano ancora avuto la forza di rialzarsi. Alcune case che costeggiano questi rigagnoli sono pericolosamente in bilico sul vuoto scavato dall’acqua.

Sono a cento metri dal fiume e ai lati della strada è pieno di detriti: alberi di cocco, rami e cespugli sui quali sono incagliati dei sacchetti di plastica, sassi e alcuni mobili. Alcune case in muratura sono in piedi solo a metà. Una semplice casa in bambù tipica di qui è invece miracolosamente intatta. Due vasi di fiori decorano una finestra un po’ come se chi vi abita non si fosse accorto di nulla

Due bambini mi seguono in bici. Uno di loro è su una bmx. L’altro mi chiede di fare una foto e mi sorridono mentre scatto.  Sono quasi al ponte. Alla mia sinistra, un po’ più in alto un gruppo di persone canta in un karaoke a cielo aperto. Appena mi vedono con la macchina fotografica mi gridano di fare loro una foto e si mettono in posa facendo il segno della vittoria con le dita. Li saluto con un gesto della mano. Uno alza una bottiglia di rum e mi urla di unirmi alla loro festa. Io sorrido e faccio un gesto della mano per salutarli. Mi gridano ‘Hippy New Year’ mentre mi allontano per raggiungere il ponte.

Il ponte è chiuso. Solo motorini e bici ci possono passare. La piena ha gravemente danneggiato le fondamenta dei piloni che lo sostengono e lo dovranno abbattere dato che non si può riparare.  Auto e camion devono guadare il fiume la cui corrente è ancora forte. Arrivo alla casa di accoglienza mentre inizia a piovere. Pochi metri prima del portone di ferro dell’entrata ci sono tre pedicab (delle specie di sidecar coperti usati come una specie di taxi) appoggiati per terra. Le ruote sfasciate, il metallo del telaio piegato, distrutti. Busso al cancello, ma nessuno risponde. Guardo da una feritoia e all’interno tutto sembra tranquillo ma abbandonato. Due dei muri di cinta sono caduti a causa della piena che ha invaso un fosso che passa nel giardino della casa d’accoglienza e sfocia nel fiume Ocoy. La case accoglie circa 15 bambini che il comune di Dumaguete ha dato in accoglienza  a causa di grossi problemi nelle loro famiglie legati a violenza e povertà. Il giorno della piena i miei amici erano in Italia per il loro annuale fund rising. I bambini e le persone che lavorano alla casa di accoglienza si sono tutti salvati. I miei amici sono tornati in fretta e furia a Dumaguete per valutare i danni e hanno completato la maggior parte delle pulizie dal fango e l’acqua che ha invaso la casa. Hanno chiuso provvisoriamente il buco nel muro di cinta con uno steccato di bambù e fil di ferro.

Ha smesso di piovere ma il cielo è scuro e carico di pioggia. Dicono che nelle due settimane dal tifone abbia piovuto quasi tutti i giorni e la gente continua ad avere paura di una nuova alluvione.

Salgo in bici e ritorno sulla strada che sale verso Valencia e costeggia il fiume Ocoy. Fino ad ora ho visto detriti accatastati ai lati della strada, case danneggiate, bambini che portano acqua, vestiti stesi ad asciugare lungo fili tesi tra gli alberi, ma non ero preparato a quello che ho visto più su e sinceramente faccio fatica a trovare le parole per descrivere ala forza della distruzione che ho visto.

Di un ponte sospeso per persone, bici e moto rimane una massa di ferro contorto su se stesso. Le anse del fiume sono state divorate dall’acqua che ora scorre un paio di metri più in basso. Un campo di basket ha un solo canestro, l’altro è stato portato via dalla piena. Un gruppo di ragazzi si lava ad un rubinetto che serve per dar acqua a diverse famiglie. Un capannone che stava al lato del fiume è distrutto e ha una parete di metallo piegata verso l’esterno dalla forza dell’acqua. E poi pali della luce divelti, altri in bilico. Case distrutte. Lampioni di metallo piegati. Cerco di immaginare il ruggito dell’acqua e la paura che devono avere provato qui a pochi metri dal fiume mentre l’acqua trascinava con se alberi, detriti, sassi, piloni della luce, e pezzi di case.

Si sta facendo buio e inizia di nuovo a piovere. Una donna mi invita a cercare riparo sotto la tettoia della sua casa. All’interno hanno acceso una lampada a olio. Una donna mi dice che l’elettricità non è ancora arrivata. L’acqua corrente è stata invece riallacciata solo tre giorni fa. Mi chiede se vivo a Dumaguete o se sono un turista.  Le dico che vivo a Dumaguete. Mi moglie è filippina? No, le dico, europea come me. Ho figli? Si, due belle bambine. E un bambino maschio non lo voglio? Le dico che sono contento con le mie figlie.

La pioggia si è ridotta. Metto il poncho giallo, chiudo bene la borsa con la macchina fotografica e mi rimetto in sella. La donna mi augura con un sorriso buona anno. Io, vista la distruzione intorno a noi, non ero sicuro che buon anno fosse la cosa giusta da dire. Sono contento che l’abbia detto lei. Le sorrido e le auguro anche buona fortuna. Il cielo e’ carico di pioggia e sembra anche più buio verso valle dove mi sto dirigendo per tornare a casa.